Capitolo IV
Povero cane. Non sono un povero cane. C'è un povero cane su un terrazzo che giorno per giorno fa lo stesso giro costeggiando il muro senza vedere altro. Attorno a lui, giorno dopo giorno si accumulano le sue feci, le sue urine e si disegnano decori orografici di estasiante abbandono.
Ho avuto molto lavoro da quando sono arrivato a Barcellona, da nove giorni.
Oggi ho avuto il tempo per attaccare con le puntine la mappa della città su una delle tre placche di sughero appese alla parete. La lavagna vuota suggerisce che mi trovo all'inizio di un'avventura da riempire.
Non avevo mai abitato coi gabbiani. Fatta notte i gabbiani si trovano per ridere assieme organizzanosi in file sulle grondaie. Parte il primo in un assolo e i compagni si aggiungono a cascata. Nella notte può terrorizzarti un suono così sinistro. E' il suono di quei clown che i bambini vincono alla pesca dei cigni, al luna park. Questi clown con la testa di gomma dura, il corpo di spugna e il vestito di petrolio rosso scintillante ospitano nel ventre una scatola malvagia che gracchia una risata disumana gutturale e meccanica.
La visuale dalla mia stanza è una lussureggiante foresta di antenne, dominata da una gru. Quando sulla gru si posano i gabbiani mi chiedo se la gru comprenda l'ironia.
Arrivata la notte per le strade escono gli uomini della nettezza per il loro momento di gloria. Con dei grossi tubi d'acqua spazzano le strade dalle immondizie e dissodano i relitti umani.
Le prostitute modello saltano dentro e fuori dai bar non sapendo decidere se fumare o se restare asciutte.
Io mi occupo di condire prodotti finanziari mentre nell'aria di questa stanza si moltiplicano le spore unte della calura estiva. Spesso il cane nero rimane per ore fermo al sole, sdraiato con il muso tra le zampe distese. Attraverso la lente della fotocamera posso vedere che ha una ferita sopra l'occhio, è un cane da combattimento per questo alla sera qualche volta sparisce.
Un gabbiano abbandonato si aggira a piedi sul cornicione del palazzo di fronte, grida aiuto a destra e a sinistra e minaccia di suicidarsi. Improvvisamente si rende conto di essere solo un gabbiano e vola via. Provo anche io a rendermi conto di essere solo un gabbiano, ma improvvisamente mi rendo conto che è tardi e devo consegnare.
Quando poi salto per aggrapparmi alla trave del paranco sulla terrazza il cane balza sul parapetto e mi abbaia contro da lontano. Credevo che una turbolenza nel vuoto gli avrebbe fatto bene. In effetti sembra eccitato, vuole raggiungermi. Il gabbiano butta uno sguardo al cane, senza compassione.
Al mercato mi vendono una lucente scatola di plastica con scritto "Rucola". Quando arrivo a casa e la apro ci trovo dentro solo erba infestante, il filetto di pollo sussulta un attimo nell'incarto e poi si rompe in un pianto inconsolabile e senza ritegno.
Sono un figlio cattivo e rischio anche di lasciar morire il mio cognome.
7 commenti:
Chapeau
"rischio anche di lasciar morire il mio cognome."
Poco male. "Tonti" non è che sia questo capolavoro di cognome.
Banfa a parte, grande post.
Di quelli che piacciono a me e a Ergo e che il Razzi fa finta di capire.
E Berlusconi?
Come cognome, intendi?
Come Silvio Berlusconi.
Non lo conosco.
I miei gatti inviano un saluto interessato al gabbiano ;)
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