mercoledì, luglio 30, 2008

catàbasi e rientro in patria

Il purgatorio è una sala d'aspetto di una stazione ferroviaria.
Il caos è fatto di magliette chiare e occhiali da sole, il rumore di fondo quasi assordante. È un suq di valigie che spingono sguardi inetti, annoiati, curiosi e postulanti. Valige che all'improvviso rivelano spigoli pronti a conficcarsi negli stinchi a chi sbaglia cammino. Fa caldo, la luce soffusa proveniente dal soffitto vetrato viene rifratta dall'alluminio dell'incarto di sandwich, chiaro pane arabo o scuro nordico integrale. Gote gonfie di cibo affinano la differenza tra l'essere umano e la specie dei criceti. Cercando di amministrare il mio tempo concedendomi una sigaretta all'aperto, penso che non mi piacciono le voci che questi musicisti dell'est lanciano inanellate ai loro strumenti e ai loro occhi freddi. C'è odore di chinotto. Voci femminili come emissari celesti guidano dagli altoparlanti le masse.
Ripenso ai sogni labirintici di questa notte, un sogno in bianco e nero, notturno, con vittime sacrificali e treni persi a causa di una grande scatola che mi teneva prigioniera, erezioni ingestibili e ebrei dalla barba infinita. Le lenti per i miei occhi miopi si incollano alle pupille come meduse. Uscendo da una casa non mia ho dimenticato il mio orologio, una stringa, credo anche che mi sia caduto di tasca un orecchino. Strano presagio.
Ciao Parigi, dice la vicina di seggiolino mentre nel corridoio gli ultimi passeggeri smettono di intasare lo spazio in attesa di guadagnare il loro viaggio.
Io accarezzo già un piano strategicamente diabolico : ignorare di dover scendere a Bardonecchia e assecondare un cambio di programma che mi vuole a Genova questa sera stessa. Devo dunque restare sul preziosissimo tgv fino a Torino. Nascondermi nelle toilette per quella tratta? scomodo. Simulare un accento straniero e disorientato ? controproducende.
Il segreto della riuscita di un piano è la sua semplicità. Fingerò di essere morta. Di sonno. E mi sveglierò troppo tardi per poter scendere ad una stazione inutile ma in tempo per conquistare Torino. Ora mi serve giusto un complice, un ignaro che mi regga inconsapevolmente il gioco. Ho fortuna, a Bardonecchia sale un vecchio. Tossisce e si siede a fianco a me. Mi fingo morta. Passato Oulx e messa irreprensibilmente in atto la manfrina, con tanto di controllore intenerito della mia sprovvedutezza, rispondo cortesemente alla conversazione che il mio vicino di sedile insiste nel propormi.
Il vecchio, un incrocio tra l'uomo tartaruga e Giulio Andreotti, rivela all'improvviso la sua anima nera : è il trionfo dell'ottusità, del garantismo berluconiano, dell'attacco spurio contro i giudici. Ogni frase trasuda mediocrità, ignoranza, superficialità. Inizio a odiarlo.
Forte dell'annuncio di prossima fermata Torino Porta Susa, gioisco nell'animo sferrando al vecchio l'affondo che avrebbe trapassato i suoi occhi improsciuttati di crudo di Parma : la cosa che mi rincuora è sapere che lei fa parte di una generazione destinata a scomparire presto. Quella per cui la mia generazione è costretta a partire, a lasciare il proprio paese, ma per poi tornare con le palle grosse come alabarde spaziali e fare piazza pulita. Il vecchio incassa, io scendo dal treno vibrante : sono un paladino della giustizia, difensore della coerenza! E chissenefrega se ho infierito su un povero vecchio ignorante che comunque non si smuoverà mai dalle sue convinzioni, evviva il mio senso morale !
E infatti.
A quel punto, come Ulisse accecato di superbia alla sconfitta dei Troiani, ecco precipitare su di me la terribile consapevolezza della mia ùbris . Gli dei non tardano a manifestare la loro punizione.
Il mac è rimasto in treno. Il treno partito. Quel treno di cui ora vedo solo ridicole lucine che si allontanano.
Non riesco neanche a bestemmiare. Solo un suono sordo e vuoto. Seguono telefonate, inseguimenti, biglietti persi, crisi isteriche trattenute solo dalla forza dello sbigottimento.
Tutto è bene ciò che finisce bene : altrimenti non sarei qui a scrivere questo resoconto.
La capotrena è stata avvertita per tempo, prima che il vecchio sabotasse il sistema operativo per lanciare all'avvio del mio computer l'inno di forza italia. Maledetto bastardo.

Approfitto per un pubblico ringraziamento a Chiodor Ponzi e a Ci-Pi che smuove le acque con gesti radicali. Ora riscompaio nell'ombra.

3 commenti:

Apa ha detto...

Chiodor Ponzi è il mio investigatore privato preferito!

byfluss ha detto...

Chiodor Ponzi è il mio stilista preferito!

ragion perduta ha detto...

Chiodor Ponzi è il mio avvocato!