Cena in famiglia
Due passi, nei vicoli, del ramen.
La città la lascio fuori, entro in questo buco, con tavolini vecchi, sedie vecchie, un po' sporco, ma sa di casa.
E dio sa se in questo momento ne ho bisogno.
Entro.
Ordino a caso, con la consapevolezza di chi sa quello che sta facendo, ma in effetti ne ho una vaga idea. Ho controllato i piatti di plastica all'ingresso.
Panico contenuto della coppia che tiene il locale, ottimo.
Mi fanno accomodare.
Ci sono solo io.
Mi servono e un cane corre in cucina, se ne vergognano, la cosa mi diverte e rido.
Lui commenta qualcosa, lei guarda la televisione e ride.
Diventano per un po' la mia famiglia adottiva.
Ad un certo punto capisco che hanno chiamato la figlia. Evidentemente per la traduzione, lui, e per offrirmela in moglie, lei.
Chiacchieriamo, studia traduzione, inglese e tedesco, mi viene in mente Hazey e penso a darle il nome del Razzi, giusto per ridere.
La chiacchierata è gradevole.
Sembra l'inizio di un fumetto giapponese o di un libro di Murakami, quelli in cui sboccia l'amore e tutta una serie di cose. Se non fosse che lei è un cesso.
E che sono già innamorato.
Finisco il pasto, due parole, pago, e me ne vado.
Il ramen era decente ma non eccezionale, troppa pasta, l'uovo era freddo all'interno, la zuppa era leggermente salata.
Però magari ci ritorno.
1 commento:
Ammazza che saudade!
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