"The moon's an arrant thief/and her pale fire she snatches from the sun" (Shakespeare)
Il discorso sul colore dei capelli di Apa mi ha fatto ripensare ad una cosa che ho scoperto recentemente. Io adoro la scrittura di Nabokov. Leggendo della sua vita, sono arrivata alla frase: Nabokov soffriva di sinestesia.
(e qui mi sa che mi tocca salutare mak...)
Io fino ad ora sapevo che la sinestesia è una figura retorica, in cui si accostano due percezioni sensoriali di diversa origine, con il risultato di modulare l'impressione derivata dalla realtà attraverso la combinazione di suoni, colori, visioni etc.
E invece quella mattina ho scoperto che la sinestesia è anche un "disturbo" della percezione. Un sinestetico accosta involontariamente ad una qualunque percezione un'altra, di radice diversa. Se vede un colore, vi associa un numero. Ogni nota musicale per il sinestetico diventa, è un colore. La madre di Nabokov (anche lei sinestetica) si rese conto che il figlio soffriva di questo disturbo perché da bambino le disse che le lettere colorate dell'alfabeto, quelle sui cubi di legno, con cui stava giocando, erano tutte del colore sbagliato.
Insomma, vista così la sinestesia mi sembra una cosa grandiosa, e così certi "disturbi", che secondo me possono solo arricchire la percezione, e di conseguenza l'espressione delle cose. Come il "suono giallo" di Kandinsky, anche lui sinestetico.
Il fatto che ora si inizi a dire "diversamente abile" per me è riduttivo, se non un po' una stronzata, perché si camuffa da formula socialmente accettabile un'altra verità: che la diversità è più preziosa del modo in cui sappiamo dirla. Questo linguaggio forse proviene dalla effettiva "disabilità" di chi vuole accontentarsi di un quadratino di possibilità e ci vuole fare entrare tutti i colori, suoni, sensazioni.
E se veramente si è abili a far qualcosa, bisogna ammettere in quella abilità tutte le sue infinite forme.
Tornando alla sinestesia, mi chiedo quante cose in più si potrebbero creare, intuire, quanti legami invisibili tra noi e le cose, e tra le cose stesse, si potrebbero svelare. C'è chi la sinestesia se la induce attraverso gli allucinogeni, chi la cerca come metodo artistico.
Il sinestetico mi piace chiamarlo sinesteta, perché è un mago della percezione, e lo è naturalmente. E forse solo perché sinesteta Nabokov ha potuto scrivere una pagina così bella.
"Le stelle erano da poco impallidite. Seguì la ragazza e un cane da pastore esultante su per un sentiero invaso dalla vegetazione che brillava di rugiada vermiglia nella luce scenografica di un'alba alpina. L'aria stessa pareva tinta e invetriata. Un gelo sepolcrale emanava dalla parete rocciosa a picco, lungo la quale saliva il sentiero; sull'opposto lato scosceso, tuttavia, qua e là fra le cime degli abeti che crescevano più in basso, sprazzi di luce solare, sottili come fili di ragnatela, cominciavano a intessere arabeschi di tepore." (da
6 commenti:
Cazzo ma non potevo nascere sinestetico invece che discromatopsico?
Vabbè, una dura lezione questa. C'è sempre chi è più figo di te.
Hazey, alla sinestesia ci arrivo (gioco a Rez), è alla quinta riga del tuo testo che mi bocco. Respect.
La cosa ancora piu' interessante e poetica della sinestesia e' che si tratta di percezioni del tutto personali e soggettive (con buona pace della tanto decantata oggettivita' Razzina). Ogni sinestetico infatti associa suoni a colori diversi vivendo in un mondo che appartiene a lui e lui solo.
E pensa che Nabokov è uno dei suoi scrittori preferiti. Chissà come l'ha presa questa.
vero, ergo, una proiezione infinita.
ah, mak, sono andata a leggere una recensione su tal Rez, e stavolta devo ammettere io che all'inizio non ci ho capito una mazza. quasi quasi... :)
http://www.youtube.com/watch?v=A4EFNWe4mCc
rez
è un gioco dedicato a quel cagacazzo del kandinsky, ad ogni azione del giocatore vengono associati suoni, effetti visivi psichedelici e vibrazioni del controller.
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