mercoledì, agosto 19, 2009

Nobody knows what happened to me out here, sea. Only you and I know. (R. Carver)




Sono tornata oggi da un viaggio davvero bello. Ho girato la Sicilia dell’ovest insieme a due amiche, eravamo tre tipe variegate ma stranamente accordate. Un sol maggiore, diciamo.
Mi è rimasto in mente un luogo, una spiaggia senza nome che abbiamo visto dalla strada andando verso Castellammare del Golfo. Una larga insenatura circondata da montagne a loro modo minacciose e insieme armoniose. Mentre ci passavamo in macchina, ho guardato il rosso delle montagne e il blu straniero del mare e non sono riuscita a dire molto. Sono rimasta a pensare a qualcosa, non sapevo a cosa. È rimasto incastrato qualcosa lì, in quello sguardo fuori dal finestrino.
Sono stati giorni di incanto e di occhi spalancati, più mi guardavo intorno più dimenticavo la giornata precedente, è strano come il viaggio possa a volte annullare, azzerare il giorno appena trascorso. È un’esperienza che comincia ogni volta che metti il culo fuori di casa, quella casa temporanea che però in effetti è tua. Tornavo la sera distrutta e sapevo che per qualche minuto Gatsby mi avrebbe tenuto compagnia, lui e quel suo amore.
Eppure ho ripensato spesso a quella sensazione provata di fronte alla spiaggia senza nome. Come se tra tutti i passi e le curve fatte in questi giorni fosse rimasto uno spazio, un vuoto che era il perno di tutto il resto. Anche prima di vederla, sapevo che quel vuoto sarebbe arrivato.
Ieri ci siamo andate, nella spiaggia senza nome. L’acqua viveva di riflessi continui, come uno specchio infinito, e le montagne secche, rosse e brulle sembravano castelli. Mi sembrava di essere in una terra che non esiste, una luna fatta di mare e stelle appuntite. Allora ho capito. Ho capito che non importa quante cose io possa guardare, c’è sempre quel non-luogo che mi riporta lì sotto, sotto le parole e il pensiero. Posso solo scrivere quello che è venuto prima e sentire quello che viene dopo, ma come una luce intermittente ritorna quell’istante di buio, così forte che diventa luminoso, simile alla sweet light di Carver. E non so come fare con la contraddizione in cui mi trovo a volte, quando non so se piango perché sono troppo felice o troppo debole per esserlo. Come quel pomeriggio sulla spiaggia, quando quella donna cantava che loro non ti amano come io amo te.

3 commenti:

Apa ha detto...

Bentornata.

Ignazio ha detto...

Salutoni ^_^
Ora posso avviare il mio piano malefico :D

hazey ha detto...

no, aspetta, Igni, ho la connessione lenta ancora fino a fine agosto.