Empatite
Mi sveglio, guardo l'ora, sono le sei.
Non devo andare da nessuna parte, eppure mi ritrovo in sala, davanti ad un monitor.
Alla porta sento dei rumori, come se qualcuno si appoggiasse, la cosa mi insospettisce e mi stranisce.
Mi inquieta, sotto certi aspetti.
Mi fa percepire quanto sottile sia la barriera tra il mio mondo intimo e quello esterno.
Mi avvicino, scruto dallo spioncino, vedo una donna minuta che spazza i pavimenti. È abbastanza giovane, ha uno zainetto sulle spalle, energicamente ramazza e pulisce per terra. Fa ancora quasi buio e di tanto in tanto accende la luce delle scale.
Non ha fretta, non ha stanchezza, ha invece una strana energia, una qualità particolare nei movimenti, una perizia e una sorta di assenza, come se fosse un istinto acquisito, la meccanicità perfetta del gesto ripetuto.
Rimango a spiarla per poco, pochi centimetri ci dividono, è quasi imbarazzante. Mi allontano senza fare rumore.
Le donne delle pulizie dei condomini mi mettono addosso una specie di tristezza, di compassione. L'idea di come lavorino per persone che quasi mai incontrano, che non siano apprezzate, che in qualche modo non appartengano.
Forse torno a dormire.
2 commenti:
Io invece, quella che pulisce le scale da me, la odio. Quando lava, si vendica di noi condomini facendo sbattere ripetutamente la base dello spazzolone contro le porte.
Peccato. Mi sarebbe piaciuto commentare qualcosa mantenendo la sottile poesia del post di Apa, ma Malerba ha dovuto spezzare l'incantesimo condividendo la sua esperienza, come fossimo alla "condòmini anonimi".
Oh well, you can't always get what you want.
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