giovedì, novembre 13, 2008

Norwegian wood, spaghetti, soia




Entro e mi siedo, più sicuro di quanto io sia mai quando mi ritrovo in un locale giapponese a cenare da solo.
In tasca Norwegian Wood, di Murakami, forse mi dà quella tranquillità in più.
"Spaghetti Hashiya".
Ci si siede al banco, un bell'uomo dalla faccia simpatica che ricorda il Razzi, il figlio, una ragazza che credo sia la figlia, se ho ben colto quell'otosan (padre) detto sommessamente.
Quest'ultima mi fa accomodare vicino a lei, dove prepara le ordinazioni, mi porge un menu in inglese da cui scegliere una varietà inverosimile di spaghetti.
Ottimi quelli con le seppie e ricci di mare, eviterò quelli in base di salsa si soia, stasera mi va un ragù alla bolognese alla giapponese.
Un ginger ale, e il mio libro.

Il posto è bello.
Il cibo è buono.
Loro sono bellissimi.
Lei è bellissima.

Un viso vagamente occidentale, dei modi di fare umili e dolci, un trucco leggermente un po' pesante, la piccola Eliza Doolittle.

Si prende cura di me mentre ordino, mentre leggo il mio libro mi sistema la giacca che avevo appeso in malo modo ad un gancio, la pone ordinatamente su una gruccia, e la riappende al muro. Lo fa solo per me.

Mi piace perchè non mi guarda, o mi guarda appena.

Mi sembra di essere caduto in un fumetto giapponese.

Murakami aiuta.
Quando leggo Murakami rinasce in me il piacere e il brivido della lettura e di riflesso della scrittura. Questa volta c'è una sensazione nuova.
Paura.
Provo paura mentre leggo del protagonista e di Naoko, del loro rapporto, del sesso. Dei suoi pensieri.
Per la prima volta sento tutta la distanza dell'anima giapponese. La loro solitudine.
Quel muro invalicabile fatto di sensibilità e silenzi che costruiscono attorno a sè, quella gentilezza cristallina e perversa che mi rende barbaro e violento. Quel distacco incolmabile col quale loro convivono e che io fatico ad accettare.

La lettura mi turba oltremodo e mi salva il piatto fumante, servitomi con un sorriso dalla ragazza, e una strizzata d'occhio del padre, mi riconosce, sa che sono italiano, probabilmente è orgoglioso di vedermi tornare.

Il piatto è saporito, delizioso, riesco persino a non detestare i funghi che ho sempre trovato poco adatti accostati al pomodoro.
La bibita è speziata e piccante.

In pochi minuti ho finito, mi alzo, lei mi segue.
Nel darmi il resto mi tocca la mano e mi guarda negli occhi, qui non succede mai nulla per caso. Troppo è lasciato al non detto, perché succeda qualcosa per caso.

Se questo fosse un manga o anche un romanzo di Murakami le cose sarebbero poi andate diversamente.

E invece sono qui, a parlarne, mentre fumo una sigaretta, seduto nel mio piccolo appartamento.
E rifletto su quella insanabile distanza.
E penso agli occhi della gente che quando passo mi seguono di nascosto.

7 commenti:

Razzi ha detto...

Da quando sei in giappone non sbagli un post e questo è tra i migliori. Sembra quasi che l'abbia scritto Hazey.

hazey ha detto...

infatti.

Apa ha detto...

Quindi state sostenendo che Hazey è più brava di me a scrivere post?

Razzi ha detto...

Sì ma con questo ci sei andato vicino.

Apa ha detto...

Non pensate che questa cosa non abbia conseguenze.

byfluss ha detto...

Io continuo a preferire apa.
Almeno finchè hazey non cambia avatar.

Ergonomico ha detto...

Quella sigaretta finale vale piu' di mille parole, Apa ne ha castigata un'altra, implacabile, insensibile , gaijin!