lunedì, febbraio 15, 2010

Antefatti di primavere






Mi alzo.
Oggi fa meno freddo del solito, l'aria in casa mia non è gelida e non mi punge il viso.
Sotto la doccia mi dimentico il mio proposito di non passarci sempre un'ora.
Ho i capelli più lunghi del solito, sono cresciuti in fretta.

Preparo la borsa, mi vesto, esco.
La giornata è tra il grigio e il luminoso.
Sembra che l'inverno lotti per rimanere aggrappato al cielo, ma nell'aria, nonostante la pioggia, tutto sa di fioritura di ciliegi.
Anche gli occhi delle persone che mi incrociano hanno quella qualità.
Anche il sorriso delle vecchiette che elegantemente mi salutano passando.

La tizia del lava a secco invece pare essere antipatica.
5 camicie ed una giacca mi costano circa dieci euro.
Non ho idea se sia poco o se sia tanto.

Proseguo per la mia strada, verso la metropolitana. E così proseguono le facce, le gote arrossate, le capigliature al vento della gente.

E mi viene in mente un sogno che ho fatto la notte precedente, un sogno di una malinconia indicibile.

Io che gioco lungo la discesa per i garage della casa di mia nonna.
Con i miei cugini.
Prendevamo delle piccole pigne sferiche e le facevamo scendere lungo la scanalatura, quella che arrivava più lontano, senza uscire dal tracciato, vinceva.
Avevano tutte un nome e, nella mia testa, una personalità, una storia. Le tenevo da parte, le modificavo levigandole o tenendole in ammollo alla ricerca di qualche potenziamento nascosto.
Avevano nomi che allora trovavo irresistibilmente comici, come "Scorreggia" o "Caccadibue" o "Vomito".
Ok, "Caccadibue" lo trovo ancora irrestibilmente comico.
E gridavamo, urlavamo, seduti in terra, con le ginocchia sbucciate, fino a quando non sentivo la voce di mia nonna, dal balcone, raggiungermi attraverso la luce accecante del sole e le fronde del mandorlo dai fiori appassiti. Era pronta la merenda.
Fatta di tè all'arancio con il latte, di soldini del mulino bianco con relative sorprese, di cartoni animati e dei sorrisi di quella donna che mi manca più di chiunque.

E provo nostalgia, per quella discesa in cemento ruvido. Per quel luogo fatto di spazio-tempo dolciastro e di quell'attendere inconsapevole il domani, come se non cambiasse mai nulla.

1 commento:

Papero ha detto...

Notavo come ai post più belli corrispondesse una penuria di commenti.

Ho quindi deciso di scrivere questo, per evitare che ti montassi la testa.