Venerdì sera sono andato a vedere Cloverfield, ben sapendo che più che un grosso mostro nel film ne avrei visti tanti piccoli nella sala. Mai più al cinema nella serata del weekend, me lo ripeto sempre e ci casco con precisione ogni volta, ma in questo caso è stata quasi un'emergenza. Da un po', infatti, mi tenevo in un silenzio mediatico mirato ad evitare spoiler del film, come solo in Italia riusciamo a fare (quando uscì l'ultimo libro di Harry Potter, Repubblica.it urlava il finale in prima pagina, avranno preso lezioni da Sacco).
Io avevo deciso che il mostro non lo volevo vedere prima del film. Ci sono riuscito e ne sono felice, perché così mi sono goduto appieno il film. Bellissimo. C'è chi dirà, "un altro film di mostri?". Ma questo è diverso, poco americano nel suo essere decisamente americano. Contrariamente a vaccate tipo il Godzilla di Emmerich, Il Regno del Fuoco o i coreano The Host, questo è "verosimile", non nel senso che cose del genere succedono ogni giorno, ma che nell'ipotesi narrativa, tutto fila liscio in modo abbastanza credibile. Ok, essendo girato come The Blair Witch Project qualcuno potrebbe opinare che le batterie della telecamera durano troppo, ma è un espediente narrativo che non interrompe troppo la sospensione dell'incredulità.
Qualcuno lo ha sprezzantemente paragonato a Godzilla. Secondo me dire che Cloverfield è come Godzilla perché in entrambi c'è un mostro che spacca la città, è come dire che In the Mood for Love è uguale ai Promessi Sposi perché in entrambi c'è una coppia che non riesce ad amarsi o che Superman e Batman sono uguali perché entrambi hanno propensione ai vestiti aderenti e i mantelli.
Un plauso a regista e produttore, per essere riusciti a rendere un'area ampia come Manhattan assolutamente "claustrofobica", un posto enorme e pieno di nascondigli, dove non riesci a nasconderti, anche più di 1997 Fuga da New York, dove l'area era volutamente trasformata in prigione.
Andate a vederlo, che poi visto al cinema è un'altra cosa.