Musica Ergonomica Otto: Out there
È difficile analizzare il sentimento di esaltazione e felicità che provoca il sentire per la prima volta una musica che ci piace. Mentre la melodia si rivela al nostro orecchio e il cervello la elbora per la prima volta, cercando di stargli dietro, si può godere del piacere della scoperta misto all'aspettativa che la metrica e la repetitività creano nella mente. D'altra parte, quando la canzone non ci prende particolarmente, si ha inevitabilmente la sensazione di star perdendo tempo. In bilico fra queste possibilità, spesso mi trovo ad andare sul sicuro e a riascoltare quel che son sicuro già piacermi. Eppure spesso mi trovo ad essere angosciato dall'idea che vi siano sicuramente, là fuori, centinaia se non migliaia di canzoni che mi piacerebbero ma che, inevitabilmente, mai sentirò. Il fatto di poter perdere anche solo uno di quei magici momenti, in congiunzione con la quasi consapevolezza di non poter umanamente ascoltare tutta la produzione musicale dell'umanità, mi dà una sensazione di impotenza. E pure l'immensità che la ricerca di quelle piccole perle comporterebbe mi fa desistere prima ancora di provare.
Eppure a volte la musica, grazie a pure coincidenze, si fa strada verso di me. Capitava così che, in attesa di venir imbarcato sul mio volo per l'Italia, qualche tempo fa, scoprissi per filodiffusione il primo disco dei Mumford & Sons. L'idea che solo il caso me li abbia fatti conoscere, mi ricorda ancora una volta che la musica è là fuori e che forse non c'è bisogno di godersela tutta, basta sapersi godere quella che ci raggiunge.
Mumford & Sons - Little Lion Man
Mumford & Sons - Dust Bowl Dance
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