mercoledì, aprile 06, 2011

Strali di gufo: la scelta e l'orgoglio

Sotto il profilo logico, il tifo si presenta come una pratica irrazionale. Mi è capitato più volte di conversare con persone che, giustamente, ne facevano notare i ridicoli paradossi. Il principale di questi è quello relativo alla reale connessione che c'è fra squadra/società e tifoso, una connessione puramente univoca in cui il tifoso si sente parte di qualcosa, mostra un senso di appartenenza che, di fatto, non ha alcun riscontro se non nella sua mente e nelle sue stesse azioni. Il tifo è fondamentalmente una pratica riflessiva e, per certi versi, onanistica. Suscita una certa ilarità pensare di tifare con ardore, esaltandosi o intristendosi, a seconda dei casi, per le gesta di 11 miliardari dei quali sappiamo tutto ma che di noi non sanno nulla, neanche il nome.

Se studiato da un punto di vista sociale e psicologico, invece, il tifo assume contorni più chiari, essendo espressione congiunta di alcune fissazioni tipiche della natura della nostra specie: il bisogno di appartenenza ad un gruppo; la tendenza a categorizzare tutto, riducendo a dicotomia; la necessità di difendere le proprie idee per difendere il proprio orgoglio. E così, un giorno, per motivi di varia natura, una persona può decidere di tifare per una squadra, compiendo quindi una scelta, prendendo una posizione. Questa scelta la pone in un gruppo, che, per costruzione, si definisce per inclusione ed esclusione. Quindi chi fa parte del gruppo presuppone che la scelta di farvi parte sia giusta e che chiunque scelga, per qualsiasi motivo, di non farne parte compia una scelta errata. Infine, dato che la natura e la società umana, sin da tempi immemori hanno distinto fra vincitore e sconfitto, fra retto ed empio, fra giusto e sbagliato, ecco che ogni persona tende a difendere strenuamente le proprie posizioni per non finire dalla parte meno desiderabile della dicotomia.
Citando Bertolt Brecht: "Mi sedetti dalla parte del torto, perchè tutti gli altri posti erano occupati."

Ecco, quindi, dove risiede la logica perversa del tifo: tifiamo perchè abbiamo fatto una scelta che non accettiamo possa essere avulsa dalla dicotomia giusto/sbagliato, e quindi, in ultima analisi, tifiamo per difendere il nostro orgoglio.

Ecco cosa vuol dire saper perdere con classe.


Ve la ricordate? È proprio la caratteristica
posizione dell'infornata del Frankfurter.

In retrospettiva, quando alle elementari decisi di diventare interista, credo feci la scelta sbagliata.

2 commenti:

byfluss ha detto...

Interista, non ti crucciare: l'importante è partecipare.

Grande Ergo, dopo il derby volevo chiedere a gran voce uno strale. ma tu hai saputo saggiamente aspettare
dopo la partita di coppa.
Ma quanto la sai?

Se ti può consolare avevo la stessa retrospettiva, quando tifavo il Milan in B, negli anni '80...

Ergonomico ha detto...

Il silenzio dopo il derby poteva diventare uno dei miei più grandi rimorsi. Per fortuna gli amici tedeschi, con i quali c'è sempre reciproca stima, mi hanno dato modo di riscattarmi.