domenica, marzo 13, 2011

Japanese Syndrome


E' difficile parlarne.
Difficile parlarne perchè difficile spiegare tutta una serie di dettagli, pratici, emotivi, contingenze proprie di chi questa realtà l'ha vissuta e la vive e che non sai quanto vanno spiegate a chi ti legge, ascolta. Come sempre comunicare diventa anche soppesare, filtrare, e fondamentalmente, devi mettere in ordine i fatti e i tuoi pensieri.

Pensi al rispetto verso il dramma, verso le persone ma sai che c'è? Cazzo, io c'ero, questa cosa l'ho vissuta sulla pelle, quindi vaffanculo. Ho vissuto la scossa, la confusione, la gente che scappava, che piangeva, le cose cadute dai muri, dai soffitti. Ho vissuto il non capirci un cazzo, vedere gente la cui ultima priorità sul momento era spiegare ad un povero gaijin che non parla giapponese cosa cazzo stava succedendo e cosa dicevano gli altoparlanti, le sirene e i mille televisori sintonizzati su messaggi di allarme. Ho vissuto l'essere completamente solo e il ritrovare per caso, nella folla i miei colleghi. Ho vissuto il decifrare il telegiornale per capire cosa mi aspettava. Ho dovuto prendere decisioni che la situazione emotiva, l'ansia, facevano pesare come se ne potesse dipendere la mia vita. Ho vissuto la città bloccata e l'esodo notturno lungo le strade, mi sono perso, mi sono ritrovato. Ho vissuto l'essere separato dalle persone a me care, il non poterle raggiungere e l'impotenza di fronte al doverle aspettare. Ho vissuto il dover provare a far funzionare tre cellulari diversi e skype ogni 30 secondi, e un volo in bici una volta che, per 30 secondi, il cellulare ha funzionato e ho capito dove cazzo fosse LK. Quindi ho vissuto quello che bene o male tutti hanno vissuto a Tokyo. Quindi, dicevo, vaffanculo posso dire quello che voglio.

E posso dire che qui, a Tokyo, col senno di poi, non è successo un cazzo.

Chiariamoci, questo è una dramma, una tragedia, un dramma vero. Un dramma vero che si è svolto a 250 km da qui. Qui, non è successo un cazzo. Solo l'eco di quel dramma. Una breve paura. Un disagio a seguire. E sembra quasi che a qualcuno che a Tokyo ci vive, dispiaccia. Ma le riflessioni sulla natura umana le lascio ad un altro momento.

E sia lodato internet. Quando telefoni, treni, strade non funzionavano, internet, dopo un breve periodo di smarrimento, ha retto. Anche solo poter dire "siamo vivi" a chi era in ufficio, o si stava svegliando in Italia. E con esso ha retto il GPS del mio povero iPhone, che bene o male mi ha portato a casa lungo strade sconosciute. Di contro, finita la crisi, internet è diventato l'angolo dei rumors senza controllo. E una cassa di risonanza di allarmi e panico.

E fondamentalmente questo è quello che ci rimane da fare in questi giorni che sanno di emergenza, di vacanza, e di normalità. Separare il panico dalla razionalità, separare il rumore della lussuria della tragedia di coloro che pronti a non credere a ogni news positiva sono disposti a fare eco a ogni peto come se fosse bomba, dalle informazioni vere, dai problemi veri. Tenere la situazione sotto controllo.
Non sobbalzare a ogni vibrazione di cellulare, non auscultare il terreno alla ricerca delle scosse di assestamento. Aftershock uno ogni cinque minuti, dicono. Ne ho sentito UNO in due giorni. Gli altri ci sono, ma li senti solo se li vuoi cercare, immagino. Ricordarsi che non si muore di "terremoto", ma per le conseguenze di esso, per panico e per scelte sbagliate. Evitare di stare fuori da palazzi dove possa cadere l'intonaco, vetri e insegne. Credo che dopo una scossa 7.9 sulla solidità delle case di Tokyo non ci sia nemmeno da discutere.

E poi vivere la propria giornata, farsi due risate sulla propria situazione, ridicolizzare il panico, piangere e compiangere chi il dramma vero l'ha vissuto e lo sta vivendo davvero, uscire a fare due passi, mangiare qualcosa, rasserenare come si può chi anche qui, e non li biasimo, è teso e spaventato, e, se si riesce, donare un po' di sangue.

Per strada i bambini giocano, le famiglie escono, i negozi e i ristoranti sono aperti.

Siamo soprravvissuti a un terremoto 7.9 sulla scala Richter, da queste parti. Credo che sia il caso di farne buon uso di questa cosa.

Quindi appena Marta si sveglia, la mia collega che durante l'emergenza dorme nel mio salotto, mi attacco alla PS3, che devo livellare a DC Universe Online.

2 commenti:

Scarlet Speedster ha detto...

Mi fa piacere sapere che state tutti bene e che il dramma che si sta ancora consumando nel paese del sol levante ha colpito Tokyo solo in modo marginale. Da parte mia posso solo immaginare cosa debba essere trovarsi in quella situazione in un mondo che parla una lingua così diversa dalla tua...

Comunque, l'importante, davvero, è che stiate bene. Un grande abbraccio a tutti e tre.

Apa ha detto...

Grazie Dario.