venerdì, luglio 25, 2008

Nihil disco

Esci da una porta, l'aria condizionata si aggrappa ai tuoi vestiti, alla tua pelle, ti segue sciogliendosi poi al calore che ti accoglie all'aperto.
Il caldo ti accoglie, come un vapore, una radiazione che è nell'aria, che proviene dall'asfalto dagli edifici che ti circondano.
Per un attimo le facce intorno a te ti sembrano aliene, lontane.
E c'è un lampo che attraversa il cervello, la spina dorsale, un ricordo di quelli che non nascono dalla memoria, di quelli che sono talmente sottili e profondi che sono rimasti scolpiti nel codice genetico, nelle ossa, che si risvegliano nella pelle.
Come un capello che cresce e nasce dal cuore del cervello e si fa strada tra la materia grigia, solleticandola fastidiosamente, un prurito alla base degli occhi.
L'afa leggera.
L'Asia.
Bangkok.
Perdersi.
E cerco di lasciarmi cullare dalle onde di queste sabbie mobili, ipocritamente, sapendo che c'è un risveglio, che esiste una via d'uscita.
Eppure, eppure è anche vero che non posso fuggire del tutto.
Anelo questa solitudine quasi assoluta, questa alienazione, l'intensità di nuove esperienze che incidano le loro note sulla mia carne, sul mio tessuto nervoso.

E mi ritrovo a contare con un'ansia bambina, eccitata e terrorizzata, i giorni che mi separano dalla mia partenza per il Giappone, incapace di pensare alla vaghezza di un eventuale ritorno.
Voglio lanciarmi e scoprire solo all'ultimo se davvero ho con me il paracadute.
Voglio vivere con l'ossessione positiva della morte, scegliendo solo ciò che vale la pena assaporare.

Ultimamente riesco ad ascoltare solo musica che sia vagamente cacofonica e discordante.

1 commento:

Razzi ha detto...

Buon segno.