venerdì, dicembre 31, 2010

Parla, cozza

Oggi ho comprato un libro, il numero 565 della Biblioteca Adelphi. Domani mi aspetta un lungo viaggio e ho pensato che mi sarà d’aiuto nel tentativo di ignorare la voglia di accendermi una sigaretta mentre attraverso l’Italia in otto lunghe ore, dal sud al nord. Il libro è di Nabokov, si intitola “Parla, ricordo” e ho letto l’incipit, che fa così: “La culla dondola sopra un abisso e il buonsenso ci dice che la nostra esistenza è solo un breve spiraglio di luce tra due eternità fatte di tenebra.”
Nulla di nuovo. In fondo queste parole le avrebbe benissimo potute pronunciare Montag in una giornata felice, e qualcuno le avrebbe poi metodicamente appuntate su un post-it rosa. Sarei curiosa di sapere cosa c’è oltre il buonsenso cui accenna Nabokov, perché il dondolio non me la conta giusta.
Oggi finisce il calendario dei ritagli colorati di Matisse, troppo colorati per essere apprezzati dal mio coinquilino/convivente. Ogni mese che finiva, arrivava l’atteso momento di girare il grande foglio e vedere quello del mese successivo, e lì si consumava il teatrino dei miei entusiasmi e dei suoi sbuffi, uno di quei momenti a cui ti affezioni senza saperlo.
È un giorno come un altro, oggi, al di là del fatto che è stata una bellissima giornata. Potrei andare a dormire già ora. Se non fosse che mia madre stasera cucina un sacco di cose buone, i gamberoni rosseggiano dal lavandino e vorrei stare seduta con uno di loro su una panchina a guardare il tramonto sul mare, per ringraziare con lui i gamberoni tutti di esistere e di essere così generosi e buoni con noi.
Sarebbe un bel modo per chiudere un anno, che per alcuni versi sarebbe “da dimenticare”. Ma alla fine non è vero, forse non tutto quello etichettato come “da dimenticare” si dovrebbe dimenticare realmente: anche quelle esperienze che vorresti cancellare si trasformano in altro, a raccontarle diventano un ricordo e anche la merda diventa una simpatica compagna di viaggio, quando un giorno, per caso, ti capita di riguardare da lontano il water. E quindi sì, in viaggio domani mi voglio portare in una tasca bucata anche la collezione di sguardi storti che ho accumulato con orgoglio, le bestemmie corredate di pugno sul tavolo che sono riuscita a strappare, le pozzanghere in cui ho fatto faville, le nebbie mattutine di staminchias, il balsamo che anziché guarire ti fa venire il raffreddore e il respiro pesante, e fai la tosse in faccia al tuo dirimpettaio per il principio e il gusto della condivisione di fluidi. Mi porto tutto questo e un paio di altre cose, che non si sa mai che stasera sulla panchina io e il gamberone incontriamo una cozza, che secondo me è la chiave nascosta dell’incipit di Nabokov, perché in realtà il punto di vista è quello di una bella cozza nera ed eternamente lucente, e la prospettiva cambia. Cambia radicalmente. E allora sì che si dondola.

3 commenti:

Montag ha detto...

Vuoi mettere Matisse con la Ducati?
Ti voglio bene anch'io, anche se quando parli della "simpatica compagna di viaggio" mi sento chiamato in causa più di quando mi citi in prima persona.

Diable ha detto...

Pessimismo cosmico "à la Mozzi" o semplice coscienza sporca?

Ergonomico ha detto...

Ma quindi il messaggio di Nabokov è "viva la figa"?