Oggi doveva essere il giorno della verità.
Dopo tre settimane di inseguimenti, attese e francese.
Ero pronto, mi sono fatto la doccia con il nuovo shampoo all'argilla e jamon serrano. Ero sicuro di me.
E poi, venti minuti prima di questo terzo colloquio, squilla il telefono e mi dicono che tutto è rimandato di una settimana.
Ancora una settimana per sapere se avrò un nuovo lavoro e se avrò dei colleghi, se farò parte di una squadra. Il mio piano pulito è rovinato, adesso gli aerei per volare a casa costano troppo.
Forse hanno pensato a questo piano fin dall'inizio: diamogli appuntamento settimana prossima per fare i seri, poi all'ultimo minuto glielo spostiamo di una settimana così abbiamo più tempo per vedere altri candidati e decidere con calma. Questo è quello che immagino. Immagino spesso cosa pensino le persone e la loro psicologia.
Da quando ho la PS3 gioco a Battlefield perché me l'ha consigliato Apa, mi ha detto che avremmo giocato in squadra. Abbiamo giocato in squadra due volte con Montag ed Ergo, momenti di camaraderia che mi hanno fatto sentire di nuovo maschio (in Francia è difficile, mi sono iscritto a teatro e seguo dei corsi di cucina).
Quando ho iniziato a giocare Apa era già a livello 16. Dopo tre settimane di gavetta sono riuscito a raggiungerlo a livello 20. Ci sono volute 46 ore di gioco, molte delle quali avrei potuto passarle in compagnia dei miei amici e che invece mi sono trovato a condividere con persone estranee e strane.
Parliamo di quante cose si possano conoscere di un estraneo anche solo giocandoci assieme. Da quando ho aggiunto nel mio profilo che parlo inglese Battlefield a iniziato a mettermi in squadra con anglofoni e non più con ragazzi sardi.
Jamael è stato il primo compagno di squadra ad aprirmi gli occhi sul grande potenziale di ricerca in questo campo. Jamael non smetteva di parlare un minuto, l'icona del suo microfono sempre sempre accesa.
"Man, c'mon, take that shit, let's go, let's go!"
Siamo sul carro insieme, io guido e lui ha la voce di un dodicenne indonesiano cresciuto nel Queens: "what the fuck 're you doin' man, turn right! turn right! No no no noooooo!".
Il fatto che io non sia nella stanza con lui e che non posso rispondergli fa sì che si senta libero di parlare con me esattamente come con un suo fratello Hasouk.
"Ok, go back, go back now! They shoot, kill 'em! Kill 'em!", un razzo colpisce in pieno il nostro carro e mentre lui strepita come se nel carro ci fosse davvero io scendo per tentare di ripararlo.
Non c'è niente da fare, un secondo missile e il carro salta in fiamme, Jamael non la prende bene: "What the fuck you doin' man!? You leave me here to DIE! Fuck you man! Fuck youuu! Fuck youuuu!".
Grazie a Jamael ho scoperto la funzione MUTE del gioco, usata ora per la prima volta. Fine primo incontro. Quando vostro figlio dice oggi non me la sento di andare a scuola, sappiate che il suo piano è passare la giornata a insultare sconosciuti su internet.
Altra partita e altro compagno: KarateKid86.
Dal nome pensavo guai, invece è un tipo tranquillo, accento e humor inglese, si lamenta sommessamente quando viene ucciso, dà qualche indicazione utile, è pacato, non grida e non dice parolacce.
Giochiamo amabilmente per almeno un'ora, coprendoci le spalle a vicenda, prendendoci cura uno dell'altro e campeggiando in pace tra gli arbusti. Mi è simpatico.
Poi la realtà fa irruzione nel gioco.
Un pianto di neonato: una, due, tre volte.
"Oh come on stop that, I beg you", ma i pianti si intensificano.
KarateKid86 è lì con il suo M24 che difende con efficenza la base dagli attacchi nemici, ma dietro a quel soldato c'è un uomo di 24 anni, in una stanza, in una casa da qualche parte in Inghilterra e in quella stanza c'è un neonato e il neonato sta piangendo, ma lui non molla il joypad.
Cosa pensare? Il pianto continua.
"Stop that I said! You know you're not getting anything!"
Ora è irritato, ha perso la calma e non è più la persona pacata che conoscevo.
"I can't believe this, I swear I'm never having children".
Adesso so anche che non è suo figlio, che stia facendo baby-sitting? Di sicuro gli piace la parte del sitting ma non quella del baby. In ogni caso è un gran bastardo perché va avanti come se nulla fosse e si gioca altre due mappe in tutta serenità mentre il pargolo muore soffocato dal proprio rigurgito. Io muto spettatore.
Una persona che era quasi mio amico, una cocente delusione, disgusto.
La sessione di gioco si concluderà qualche mezz'ora più tardi in compagnia di un giovane commerciante romagnolo la cui mamma insiste a più riprese perché vada a far riparare la gomma della bicicletta dal Gigi. Per qualche ragione penso al Razzi.
Quante cose abbiamo condiviso inconsapevolmente con un estraneo? Ci credevamo nell'intimo della nostra dimora e invece abbiamo proiettato in mondovisione un estratto della nostra vita, il nostro lavoro, la nostra famiglia, i nostri difetti, un commento distratto che dice molto a un ascoltatore attento (vero Hazey?).
La vita privata è un mobile antico in cui lente e impercettibili si insediano piccole creaturine: la chat, il blog, il fotolog, il social network, il forum, il curriculum online, il gioco.
Siamo stati bucherellati a colabrodo un po' da tutti i lati e non vedo un'inversione di tendenza. L'effetto più evidente lo osserveremo nelle nuove generazioni, vivranno una naturale simbiosi con l'estraneo e acquisteranno un'elevata professionalità nell'arte della dissimulazione.
Tempo di acquistare un microfono.