Il peso delle scelte e l'equilibrio
Periodo strano, settimane strane.
Come il Razzi cantava, stringhe strane. Ma non lo canta più.
La settimana scorsa ero a Gibilterra, tre giorni di passione, sofferenze, torture. Non ero alla riunione annuale amanti del Sadomaso, un semplice colloquio.
Forse ve ne parlerò.
Viaggio da solo, incontro gente, mi aggiro per la città. Riassaporo quella solitudine che trova quel riscontro fisico, non è una parola, è la realtà. Solo, sconnesso da quelle che sono le mie abitudini. Case in stile marocchino, abitate da spagnoli, poliziotti inglesi. Decido quindi di cenare in un ristorante argentino, pare solo logico, mentre comincio un nuovo libro. Giapponese.
La giornata è stata dura, spossante. Non fosse solo per il colloquio, ma anche per quel mare che sa di oceano, il vento, il sole, la gente. Cose che logorano e fiaccano un uomo di pianura come me.
Seduto, nella semi oscurità apro il mio libro, mentre inghiotto del burro al peperoncino scambiandolo per del salame, maledicendo il mio daltonismo e il buio.
"After Dark", di Murakami. Parla di gente che conosco, di gente che mi manca, di quegli sconosciuti distanti e quasi incomprensibili, e mentre leggo, fingo di non capire lo spagnolo e mangio una bistecca che non saprò mai terminare mi rendo conto di come io mi stia pian piano collocando sulla traiettoria di impatto con la mia vita, con la realtà. Piano piano, a mia stessa insaputa, muovendomi di nascosto come se ingannarmi fosse l'unico modo che io abbia per rirpendere il controllo.
E non è panico, ma chiarezza, quella che mi assale. Ed è ben più soffocante.
1 commento:
l'impatto è inevitabile, ma il post è molto bello.
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